Alpeggio di Campanice

Oratorio di San. Giovanni Battista sull'Alpe di Campanice (Terrinca)

Marino Bazzichi

Là dove confluiscono le lunghe linee di una grandiosa y, formata dall'incrocio dei sentieri e delimitata da un'alta siepe di busso, si, proprio tra le corna della y, sono stati edificati sia l'oratorio di Campanice sia quello di Puntato.
L'alpeggio di Campanice si adagia sulle pendici meridionali del monte Freddone alto 1487 metri, chiamato dai locali Paglino, caratterizzato da spigoli affilati e panoramici; e dalla posizione baricentrica nella vallata della Turrite Secca, dalla cui vetta si scopre un panorama grandioso che spazia dal monte Altissimo, al Macina, alla Fiocca, al Sella, al Sumbra, alla Pania e si chiude con il monte Corchia.
Frazionato nei raggruppamenti di casupole di Pian di Mela, del Lanzino, del Togno, l'alpeggio sembra ruotare intorno ad un epicentro ideale formato dall'Oratorio dedicato a San. Giovanni Battista.
Le notizie che esporrò in questo elaborato non sono frutto della mia fantasia, ma scaturiscono da una ricerca accurata delle fonti scritte, lette con attenzione ed esaminate con cura, anche se l'analisi non si può ritenere approfondita.
I documenti consultati sono:
1) il libro della fondazione dell'Oratorio del 1703.
2) il libro delle entrate e il Terrilogio del 1705.
3) il libro dei partiti (decisioni del 1791.
4) n° 8 note di iscrizione ipotecaria.
5) n° 46 note di credito ipotecario.
6) n° 16 scritte private per costituire il censo.
7) n° 4 dazzaioli.
8) n° 61 lettere e decreti.
9) n° 4 visite pastorali.
Nel nome delle Signore, sotto Clemente XI pontefice massimo e Cosimo 3° gran Duce della Toscana felicemente dominante, il 15.9.1703, in Terrinca in casa di Antonio figlio del caporale Giorgio Giorgi, il notaro Lorenzo di Agostino Gasperetti, di Azzano conferisce forma giuridica alla volontà dei 28 fondatori dell'Oratorio di San. Giovanni Battista, la cui festa si celebrerà il 24 giugno, " da fondarsi ed redigersi dai medesimi a proprie spese presto, per la maggior gloria di Dio e del Santo medesimo sull'alpe di Terrinca suddetta luogo detto in Campanice ".
E che il detto Oratorio, formato ed eretto e provvisto di quello e quanto occorre per il servizio della S. Messa, possa continuarsi a officiare in eterno, per se stessi e loro eredi o successori espressamente in perpetuo hanno dato, donato e consegnato al suddetto Oratorio di S. Giovanni Battista gli infrascritti beni stabili e denari contanti nel modo che segue:
Don Lorenzo Giannelli una selva a Bargiacca, caporale Agostino Mancini 5 scudi, Don Antonio Tognocchi 10 scudi e un campo, Matteo Tonacci un castagneto in Petriolo, Francesco di Ginese di Giuliano 5 scudi, Giov. Tonacci 5 scudi e un castagneto in Caffico, Bartolomeo Zucchi 5 scudi e un castagneto in Carpineta, Giuliano Rossi 10 scudi e un campo alla Costa, Francesco Giannelli 10 scudi e un campo Agostino Paiotti 5 scudi una castagneto in Caffico, Giuliano Giannelli 5 scudi e un campo alla Rossa, Giò. Giannelli 5 scudi, Domenico Bandini 10 scudi e un campo in Sassognora, Angelo Bandini 5 scudi e un campo in Campanice, Piero Berti 5 scudi e un castagneto in Lama, Angelo Berti 5 scudi e un castagneto in Lama, Francesco Bacchella 10 scudi e un castagneto nella Trescile, Giò. Cocci 5 scudi e un castagneto a Nereta, Giò. Di Antonio di Salvatore 5 scudi e un campo in Campanice, Matteo Silvestri 5 scudi e un campo in Puntato, Nicolò di Tommaso di Salvatore 5 scudi, sergente Luca del già caporale Giuliano Tognocchi 5 scudi, Antonio Cecconi 5 scudi, Pellegrino Paiotti 5 scudi, Iacopo Rossetti 5 scudi e un campo ai Prunetti, Iacopo Bandini 10 scudi e un campo in Campanice, Margherita Lenzoni un campo in Albareto, Giulia Giorgi 5 scudi e un campo " alla macea di casa ".
I fondatori asseriscono che suddetti beni stabili hanno un valore di 225 scudi e che la rendita annuale assomma 17 staia di grano, che intendono che sia i beni che i denari formino la dote dell'Oratorio.
Essi sono i patroni che possono eleggere il Cappellano per offiziare e quello levare a loro beneplacito, e la carica si debba dare al sacerdote che sia della famiglia di qualcuno dei fondatori, ma se fossero diversi, mettere a partito e si dia a chi ha più voti, e ripetere ogni anno.
Se non ci sono sacerdoti discendenti dalle famiglie dei fondatori, si elegga un forestiero, il quale ha diritto di finire la sua annata di servizio anche se qualche sacerdote terrinchese, nel frattempo, ritornasse in patria.
Il Cappellano deve officiare tutti i giorni festivi dalla prima domenica del mese di maggio, fino a tutto agosto. Ha diritto di voto sono una persona per ciascun fondatore, il più anziano della discendenza, Don Lorenzo Giannelli, rettore al presente della parrocchia di Terrinca, lui solamente abbia voce nell'elezione del Cappellano.
Il giorno della festa devono essere presenti almeno due sacerdoti e uno deve essere confessore riceverà l'elemosina di 2 lire e soldi 10 con l'applicazione della Messa, agli altri sacerdoti presenti si darà una lira e quattro soldi.
Si stabilisce che se fondatori o i loro discendenti rifiutassero la carica di Priore ho Camarlingo dell'Oratorio, debbano pagare un testone ogni volta che rifiuteranno, e si rinnova la profonda aspirazione, quasi un augurio, che l'istituzione non possa mai perire in perpetuo.
Il 19.6.1708 il canonico Angelo Cappelli trasmette il decreto dell'approvazione dell'Oratorio di Campanice rilasciata dal Vescovo di Luni.
L'interessamento e l'impegno alla costruzione e alla conservazione dell'Oratorio di San. Giovanni Battista non si circoscrive ai suoi fondatori e alle loro famiglie, ma si dilata e coinvolge altri terrinchesi e si protrae nel tempo, come testimoniano le Scritte private, per costituire un censo, che seguono:
Il 25.11.1709 Bastiano di Lorenzo Coppedè vende all'Oratorio, per 5 scudi, un campo in Contra di Levigliani.
Il 17.2.1748 Matteo Pea vende all'Oratorio, per 10 scudi, un campo in Prunaio e costituisce un annuo censo di lire 15.
Il 10.8.1750 Lorenzo Olobardi vende all'Oratorio, per 5 scudi, un campo in Prunaio.
Il 25.7.1757 Fortunato Bazzichi vende all'Oratorio, per 5 scudi un castagneto alle Porchepiane.
Il 1.9.1758 Matteo Tonacci vende all'Oratorio, per costituire una censo, un castagneto nel Bareto e Prete Antonio di Luca Tognocchi si rende Mallevatore.
Il 22.6.1768 Giò. Coppedè vende all'Oratorio, per 5 scudi, un campo sotto S. Rocco per un censo annuo di lire 1 e 17 soldi.
Il 17.9.1780 Ginese Rossi su una casa alla Rena riceve 5 scudi e costituisce un censo di una lira, 17 soldi e 8 denari.
Il 22.12.1780 Iacopo Rossetti vende per un capitale di censo un terreno in Ravilunga per 10 scudi.
Il 28.11.1782 Antonio Coppedè vende all'Oratorio di Campanice, per 5 scudi, un campo in Artigliaccio e costituisce un censo di una lira, 17 soldi, 8 denari.
Il 13.10.1785 Francesco Giannelli vende all'Oratorio di Campanice una selva al Sambuco.
Il 27.12.1790 Antonio Tonacci vende all'Oratorio di Campanice, per 10 scudi, un campo e un prato per un censo di 3 lire e 10 soldi.
Il 9.6.1792 Tommaso Rossi vende all'Oratorio di Campanice, per 8 scudi, un campo alla Croce per 2 lire e 10 soldi calcolando il 5% sul capitale di censo.
L'8.4.1793 Anastasia Santini vende all'Oratorio di Campanice un castagneto in Vendiloni e costituisce un censo di una lira e 15 soldi.
Il 10.4.1793 Francesco Angelo Ginese costituisce un censo di una lira e 15 soldi su un campo con alberi da frutto alla Costa.
Il 6.3.1804 Francesco Giannelli costituisce un censo di 2 lire e 16 soldi su un campo seminativo in Vergaia.
Il 20.4.1811 Giovan Luca Tonacci costituisce un annuo, perpetuo benché redimibile censo...
Analizzando i documenti si raggiunge la certezza che non solo i compatroni e coloro che costituiscono un censo, ma tutta la popolazione contribuisce all'erezione dell'Oratorio di Campanice. Infatti, nel primo anno di bilancio (1705), dalla grano riscosso dai fondatori si ricavano dire 85, ma a ben lire 47, 10 assommarono le elemosina offerte da tutti i fedeli, e lire 46, 10 si ottennero dalla calcina venduta, che era stata prodotta sottraendo il tempo al riposo, da coloro che, essendo tanto poveri, forse non avevano da offrire all'Oratorio nemmeno un soldo.
Se siete curiosi, vi posso svelare il nome dei tre muratori che innalzarono l'Oratorio: mastro Angelo, mastro Trista, mastro Giò: Rossi. I chiodi, i cardini, le chiavi, le serratura e le inferriate si debbono alla bravura dei Fabbri Cristofeno e Battista Coppedè.
Per tre lire Giulio Cecconi cedette un castagno che venne trasformato in tavole da Giò: di Lorenzo Santini, segatore; mentre la trave che forni Giuliano Santini costo 5 lire, da aggiungere a lire 1, 04 date a Francesco Rossetti per aver lavorato alle travi.
Le piastre per la copertura del tetto le procurò Antonio Mencaraglia costarono 60 lire.
Vi interessa conoscere cosa mangiavano i muratori, i manovali, i segantini, i fabbri, coloro che si prestavano per il trasporto dei materiali? Ma è semplice: cacio prodotto dai pastori locali, pane fornito da Giò: di Cristofano Giannelli e polenta.
Il vino non viene ricordato, quindi si può presumere che bevessero l'acqua fresca del Palazzetto.
Il maestro scalpellino, per il quadro marmoreo posto sull'altare, ebbe lire 52, 10; altre 30 lire vennero date al Piccinini che fornì i marmi che incorniciarono il bassorilievo e 4 lire costò il loro trasporto in Campanice; mentre per lire 1, 26, Lorenzo Bazzichi trasportò il rilievo marmoreo.
Ma la lista delle spese si allungò di anno in anno includendo sia le visite a Sarzana per ottenere i decreti sia un regalo fatto al Cancelliere, sia le due pilette, sia candelieri, la scatola dell'ostia, il calice, le ampolle, la cera, il ciborio, e finalmente, dopo tre anni, la prima messa del Rettore, il giorno dell'inaugurazione, nella quale non si badò a spese e si invitarono anche i Frati per l'offiziatura, il vino rallegrava la tavola e si acquistarono perfino due litri di polvere per fare i mortaretti.
Negli anni successivi non mancarono le spese per migliorare l'Oratorio: l'intonaco lo eseguì mastro Angelo Bandini; si acquistò il messale, la croce d'ottone, i paramenti, la cassetta dove riporre gli arredi Sacri, e si spesero lire 4, 16 per fare pitturare, dal mastro Trista, il sopra cielo.
Ma non era ancora terminata la chiesetta che il 20.7.1713 si paga una lira a Angelo Bandini per la rena fatta dal suddetto al fine di dare principio alla canonica.
Al 1725 risale l'acquisto della campana, che con il suo mozzo e il trasporto sull'alpe costò 54 lire. Il 21.9.1717 si esegue il primo restauro del tetto utilizzando una canna di piastre e una giornata di lavoro per la messa in opera.
La stessa operazione si ripeterà nel 1733, nel 1734 e nel 1746.
Nel 1739 si acquisteranno quattro candelieri d'ottone e un poliotto per l'altare; nel 1782 una pianeta in un camice. Nel 1763 si spendono lire 3, 10 "per fattura del campanile avendolo rifatto " e se ne spendono lire 3, 6 nel 1788 per ripararlo Il 14.7.1788 si installa il confessionale di legno costituito dal mastro legnaiolo Francesco Paiotti a cui si pagano lire 29, 14.
Il 17.10.1791 il Vicario Capitolare di Pontremoli, Giuseppe Maria Abuziani, scrive al Vicario Foraneo di Seravezza lamentando che i due Oratori di Puntato e di Campanice siano in uno stato indecente al divino servizio. Il Vicario scrive al parroco di Terrinca, Giovanni Antonio Ginese Vanni, il quale insieme ai compatroni decidono di eleggere Domenico Antonio Tognocchi Camarlingo generale (elezione approvata con decreto dell'Arcivescovo di Pisa., Ranieri Alliata, in data 13.8.1812), affinché recuperi le rimanenze non versate dai Camarlinghi annuali.
Egli riscosse lire 310.12.6 con le quali si eseguirono il restauro generale dell'Oratorio, ordinato dal Vicario di Pontremoli, impiegando, tra Muratori e manovali, 52 giornate lavorative. Nell'occasione si acquistarono un " libro bianco per segnare i partiti, una vacchetta per registrare le messe, due candelieri d'ottone, una scranna per la canonica e una lettiera fatta da mastro Agostino Coppedè ".
Dopo aver descritto brevemente le vicende dell'Oratorio come edificio, esamineremo le vicissitudini delle persone che, volontariamente o meno, hanno incontrato sul cammino della loro vita, l'istituzione di Campanice.
Nessuno si scandalizzi se non sempre sono lodevoli, come spesso avviene nelle cose umane; noi, comunque, ci asterremo da considerazioni etiche e ancor più da' giudizi morali, attenendosi fedelmente al nostro ruolo di cronisti.
Nel giugno del 1791 Luigi Giannelli scrive a suo fratello Giò: Antonio, residente a Livorno: " carissimo fratello, vi avviso come il Priore attuale e Camarlingo dell'Oratorio di Campanice vuole mettere spese, con l'assistenza del tribunale, che vuole l'adempimento della solita rendita, cioè il mezzino del grano che rendere si deve per obbligo dei genitori... ".
Il 4.6.1791 Giò: Antonio Giannelli invia una lunga lettera al parroco di Terrinca: " mi ha scritto mio fratello e le allego la lettera dalla quale si apprende che il Camarlingo di Campanice mi vuole obbligare a rendere una quarra di grano l'anno, ma non sò perchè poiché io non godo niente lasciatomi
da mio padre, altro che due pezzetti di livello che da questi a stento se né rileva il capitale...
Perciò se i miei antenati avevano in grado di fare delle limosine non sono io, nelle critiche circostanze in cui mi trovo, e lei a ciò abbia la volontà di chiamare il Camarlingo e dirgli che se lui mi fa vedere scritte e contratti che per mezzo dei medesimi venga tratto per tribunale, decretato che io paghi o vendi questo grano... Già che credo che sia solo una limosina che facevano i miei.
Anche se mi facesse vedere scritte o contratti mi deve dire sopra quale terra sia stato assegnato il diritto per farsi pagare quanto non fosse stato pagato... ".
Col fruire degli anni o dei secoli, inevitabilmente sorsero delle difficoltà per l'Oratorio a incassare quanto era stato stabilito negli atti privati di donazione: lo provano ampiamente le 8 note di credito ipotecario emesse il 16.9.1810; le 8 note di iscrizione ipotecaria emesse il 22.12.1820; le 29 note di credito ipotecario emesse tra il 28.4.1836 e il 28.12.1837; e infine le nove note di credito ipotecario emesse il 23.2.1862.
Da Querceta, il 19.5.1812, Giuliano Tognocchi ne scrive al Priore di Terrinca, Antonio Ginese Vanni: " molto mi sorprende che l'Oratorio di Campanice si trovi in così critiche circostanze, quando io me ne gloriavo, in paragone di quello di Puntato, cosa che mi fa restare di sasso, che stamani. Ritrovandomi a Seravezza ho trovato Vincenti Berti e Giò Tonacci e su questo proposito vi ho parlato con grande calore e ci siamo trovati d'accordo, loro parleranno al Priore, il quale il 31 corrente intimi ai compatroni per trattare seriamente sopra questo affare. Si dimenticassero costoro, V. S. raduni i compatroni i mi avvisi che non mancherò e spero che ci riusciremo ".
La matassa era davvero intricata anche a causa delle successioni non registrate, delle vendite sancite soltanto con una stretta di mano, degli eredi che si trovavano gravati da decisioni prese dai loro antenati.
Comunque il 16.10.1813 Giuliano Tognocchi trovandosi a Terrinca prega il Priore Vanni di avvisare il popolo affinché dia la nota dei fondi dove pesa la rendita per fare il suo Terrilogio con poca spesa: " gli inviti domenica 23 in casa di compagnia dove sarò anch'io ".
Anche se tecnicamente non risultò un capolavoro di perfezione, il Terrilogio venne elaborato, ma non per questo cesseranno le difficoltà nella riscossione dei canoni livellari.
Si i problemi economici, verificatisi nella gestione amministrativa delle entrate dell'Oratorio, furono gravi, lo furono altrettanto, se non maggiori, quelli riguardanti il servizio religioso e l'elezione dei cappellani.
Il 22.5.182 il prete Gio Clemente Maggi da Querceta invia una lettera al parroco di Terrinca: " sono andato da Don Lorenzo (Giannelli, cappellano di Campanice) ma era già mandato sull'alpi...
In quanto poi che io debba andare in Campanice il giorno dell'ascenzione è difficile perché devo andare a San. Cassiano a dir messa e così in seguito in tutte le altre feste eccettuato però le domeniche. Onde se è un ordine espresso da Monsignor Arcivescovo, posto che voglia e ordini che io vadi in Campanice e non un altro sacerdote, bisognerà che io guardi per un altro per San Cassiano, anche a mio discapito, ma non so dove trovarlo ".
Da Arni il prete Matteo Baccilli scrive a Ripa al Signor Domenico Salvatori detto il Giambaronza l'11.5.1833: " mi partii da Vagli per portarmi in Campanice e arrivato in Campanice non ritrovai persona alcuna per combinare il giorno (dell'inizio del servizio religioso). Lei mi tenga avvisato che io mi porterò a loco per celebrare la santa messa.
Se non fosse di gran pregiudizio non vorrei fino alla prima domenica del prossimo mese venturo a motivo della strada cattiva e passando di per altra strada, il viaggio è molto lungo e disastroso. Scusi lo scrivere perché ho dovuto scrivere con penna di gallina ".
Poiché il sacerdote non voleva venire a celebrare la messa in detto Oratorio, essendo molto distante, se non gli davano per la sua fatica del viaggio 5 paoli ogni volta, il 6.6.1641 Domenico del fu Pellegrino Salvatori, Priore di Campanice, attesa la mancanza dei sacerdoti, mise a partito e su nove voti presenti, 8 furono favorevoli e uno contrario.
In un dazzaiolo si legge: " il cappellano Lorenzo Giannelli nel mese di agosto del 1802 ha mancato di prestar servizio e non a offiziato nell'Oratorio ne in altri giorni festivi precedenti, pertanto (gli si ) paghi soltanto tre sacchi di grano e il quarto serva per pagare i sacerdoti supplenti ".
Il sacerdote Luigi Gasperetti scriveva il 17.4.1795 da Querceta: "... Per il solo oggetto di respirare l'aria pura e godere la sana libertà della campagna solitaria o determinato di passare qualche mese in codeste alpi. Mi fu fatto credere che mancando alcuna di codeste popolazioni di cappellano, io avrei potuto esserle utile nel tempo del mio soggiorno, ed io ben volentieri mi sarei prestato a codesto loro comodo, non in Campanice ma in Puntato o destinato di soggiornare ed a tale gesto ho tenuto proposito col Signor Giannelli, il quale mi fa la grazia di darmi il suo quartiere o ricevermi in sua compagnia che non sono in grado di andare sull'alpi prima delle mese di giugno.
E neppure allora voglio obblighi, mi protesto soltanto, che non avendo altri gli cercherò, e ciò essendo il signor Giannelli e io ci porteremo a vicenda in Campanice, sempre inteso e replicato nel tempo del mio soggiorno costassù. Io non voglio obbligarmi a venire a dir messa a Terrinca in nessun giorno, che così, e per il mio solo comodo personale penserò a unir in delle opportune facoltà per i giorni in cui, per le disposizioni sinodali, non può celebrarsi negli oratori.
In luogo della dottrina ai ragazzi, che potrà fare alternativamente il Giannelli, ora nell'uno, ora nell'altro Oratorio, sarò brevissimo con qualche catechismo o spiegazione al vangelo all'altare, ma non ne voglio veruna obbligazione.
Il Priore o chi per esso si dovrebbe incaricare di far soddisfare i legati che mai prenderei a mio carico.
In ordine all'emolumento, non cercherei nulla e non vi sarebbe mai che dir no di ciò.. Codesti compatroni trovino pure altro soggetto, che gli serva, come credono che nel solo caso che non lo trovino intendo di aver di una sola volontà le accennate ambizioni.
Ad altro non richiamandomi là detta sua pregandola a parteciparmi le loro risoluzioni prevenendone alcune per il piacere di dichiararmi.
Io sono munito della patente di confessione a beneplacito, ma non voglio obblighi e voglio servirmene a mia volontà.
Il 18.4.1795, da Querceta, scriveva il Dottor Giuseppe Emanuelli:
" Accetto la commissione che ella mi favorisce delle dieci messe quali cercherò secondo che mi segna. Non mancherà occasione per rimettermi, a suo comodo, l'elemosina.
Ho sentito che domani cade l'elezione del cappellano di Campanice e nel tempo stesso che il Gasperetti sia raffreddato. Comunque sia confidentemente prego lui a far sì che io non venga in scena, mentre oltre l'esserne io sempre disimpegnato, ormai debbo farlo maggiormente per non intorbidare ".
Nel P. S. di una lettera datata 10.5.1795 il Dottor Giuseppe Emanuelli afferma: " per parlare anche più chiaramente, è certo che il Gasperetti ai primi di giugno va in Puntato. Don Lorenzo Giannelli ha scritto che se bisogna avere chi comincia per Campanice verso la metà maggio... tornerà meglio che cercare un (prete) garfagnino. " Il sacerdote Felice Cocci, come cappellano e fratello di un compatrono, ha diritto all'ufficiatura del presente anno, perciò desidera la conferma obbligandosi a quanto prescritto.
Si fissi un'ora per dirsi la messa, perchè non si possa dire che è presto o tardi come fin qui, come pure a mandarsi il confessore lo manderà, ma non per obbligo, acciò non abbia a passare come obbligo del cappellano.
L'Arcivescovo di Pisa, Ranieri Alliata, scrive l'11.7.1915 a Salvatore bianchi, proposto vicario Foraneo di Seravezza: " esaminato il ricorso di Giuliano Tognocchi per Campanice, deve ritenersi fermo il partito preso dai compatroni il 2.9.1616 con il quale esigono che i cappellani siano abilitati ad ascoltare le confessioni o lasciare un sacco di grano della loro provvigione per riconoscersi l'incomodo di un confessore, oppure il cappellano trovi un confessore che assista quei popolani almeno una volta al mese.
Si compiaccia chiamare l'attuale cappellano, Felice Cocci, ed avvisarlo della decisione e di uniformare " senza che si debba ricorrere a mezzi coattivi che disonorano il carattere sacerdotale. Con il sacco di grano si paghino i confessori e se c'è un resto mi si avvisi che deciderò se darlo al signor Cocci per la nomina passiva o erogarlo in altri usi.
Il 22.4.1811 Giò Lorenzo Giannelli, Priore dell'Oratorio, invia al parroco di Terrinca l'avviso per l'elezione del cappellano di Campanice: " le rimetto l'affisso in ordine ad eleggere il cappellano che in esso.
Questo farà grazia farlo attaccare in questa sera, e domattina renderne inteso il suo popolo ".
Davanti il Priore e i compatroni, il 22.4.1811, " conferisce il sacerdote Giovanni Francesco del fu Luca Rossi di detto luogo, uno dei compatroni e della famiglia dei primi compatroni dotatari, e chiede di essere eletto cappellano di Campanice ".
Il sacerdote Don Lorenzo Giannelli di Terrinca presenta la supplica per ottenere la conferma a officiare l'Oratorio come cappellano, e sente dispiacere che dopo 11 anni consecutivi di servizio possa essere posto ad altri. Ma data la bontà dei signori compatroni, e il lungo servizio prestato anche in tempi in cui si penuriava di sacerdoti paesani, spera di essere eletto.
Il 29.4.1811 il sacerdote Felice Cocci fa istanza per essere eletto cappellano dell'Oratorio; e forse è a suo favore l'atto di procura in data 26.4.1811 rilasciato di Carlo Masini, marito della signora Maddalena Fortini, erede della famiglia Zucchi, antica famiglia di compatroni, a favore di Don Iacopo Cocci.
Il 10.5.1811 il prete Don Lorenzo Giannelli torna nuovamente a pregare il Priore e i compatroni dell'Oratorio, con le sue più fervide suppliche che si degnino di confermarlo. Dopo i fatti accaduti, appena ha il coraggio di supplicare per soddisfare quella prevenzione che regna universalmente nel paese a di lui favore.
Sarebbe assai dolente e umiliante per Don Giannelli sentirsi anticipatamente confermare dalla voce pubblica cappellano, se poi i compatroni lo escludessero contro l'aspettativa dei compatrioti e di quelli non paesani che sanno il come, il quando, il che e da chi, dopo undici anni, sono derivati simili danneggiamenti ".
La tensione sale e Giuliano Tognocchi scrive il 19.4.1813: " si è interpellato il Dottor Guglielmi rispose che Don Lorenzo non potesse avere diritto di voto, ma per evitare inconvenienti pregai il prete Rossi Francesco di fare a mezzo con Don Gio Felice Cocci. Prego di farne parte a Don Francesco e pregarlo di acconsentire ".
IL 12.5.1813 da Corvaia insiste Gio Cocci: " per quello che riguarda l'ufficiatura, la sua ultima mi ha consolato e sconsolato che Lei si possa essere offeso della penale...
Il Dottor Emanuelli mi disse che i partiti elettivi dei cappellani, soggetti a passare al foro contenzioso, devono registrarsi in carta ballata. Conosco che deve sempre in me star viva la memoria dei benefici, vantaggi e amore che mi ha portato. Sa sono uomo ancor io e ciò capacissimo di sbagliare ".
Ma ormai la disputa aveva raggiunto anche l'Arcivescovo dato che il 1.5.1813 così scriveva il vicario generale Monsignor Salvatore Attuoni: " sento che siano per nascere delle questioni per il partito preso ultimamente per l'elezione del cappellano di Campanice. Per togliere l'affare dallo strepito del tribunale secolare io sarei per un nuovo partito o un accomodamento dividendo si l'ufficiatura tra Rossi e Cocci, fare a metà...
Fino che esistono dei maschi nella linea dei fondatori hanno diritto di votare ad esclusione delle femmine, le quali hanno diritto (di voto) alla totale estinzione della linea mascolina, e su tale punto essendo in regola fu male a proposito escluso dal voto il prete Don Lorenzo Giannelli ".
Non so se la rincorsa alla nomina di cappellano dell'Oratorio di Campanice sia stato provocato dal troppo numeroso clero secolare senza la cura di una parrocchia, oppure dalle condizioni miserevoli delle popolazioni che coinvolgevano anche la vita dei sacerdoti; certamente a noi, oggi, non sembra appetibile, nei remunerativo andare a piedi dal primo maggio al trentuno agosto tutte le festività a celebrare in Campanice per 4 sacchi di grano. Ma i documenti provano che in quel tempo lo era, anzi si comincia a concorrere ancor prima di essere consacrati sacerdoti e a tal fine si sollecitano le raccomandazioni, come prova il documento del 22.10.1821 in cui Don Gio Battista Bazzichi segnala per ottenere l'elezione a cappellano di Campanice, che suo nipote, Gaspero Guicciardi, l'anno venturo sarà consacrato sacerdote. Non solo si trama per ottenere la nomina, ma si pretende anche di imporre le condizioni anche se in contrasto con l'atto di fondazione, le deliberazioni e le consuetudine.
Il 23.4.1824 compare, davanti ai compatroni, il sacerdote Gaspero Guicciardi e dispone che se lo eleggeranno cappellano egli accetterà con queste condizioni:
1. al termine dell'ufficiatura vuole riscuotere le quattro sacche di grano anche se per suo giusto motivo ha iniziato a uffiziare il 24.5.1824.
2. non vuole essere tenuto a procurare un confessore ai fedeli dell'Oratorio.
3. al termine dell'ufficiatura vuole esser libero, anche senza aver inviato la rinunzia.
Queste pretese le fa ribadire da suo zio, Antonio Bazzichi, in una lettera datata 6.5.1825... " Mio nipote accetta l'incarico dio Campanice a tre condizioni.
Si potrebbe continuare a lungo ma io metto il punto fermo. Dispiace constatare che in una piccola bega è rimasto coinvolto perfino quel santo prete che fu Antonio Ginese Vanni.
Infatti Giuliano Tognocchi scrive il 7.1.1813 "... se il partito che fu fatto mi da' facoltà di poter decidere su questo proposito io abbuono, ma siccome la spesa assomma a venti paoli e a tavola erano dieci persone quindi fanno due paoli a testa; però abbiamo due paoli a V. S., due paoli al vetturale e due paoli al chierico... ".
Nello stesso giorno risponde il Priore Vanni... " Di abbuonarmi due paoli io mi rimetto, ma li ricuso e quando avessero detto di spendere due paoli io avrei detto che non li voglio e mi rimetterei a quanto deciso dal superiore.
Se canto messa in Terrinca, per un particolare, mi danno 2 lire e non mi scomodo che di canonica in chiesa. Io non voglio pregiudicare ai miei successori. Il desinare in qualche modo si rimedierà... ".
Riassuntiva della situazione ci sembra la vicenda del sacerdote Romualdo Barsottini da Levigliani.
" Il 12.4.1820 il sacerdote Romualdo Barsottini di Levigliani ha promosso istanza al corpo degno e sociale dei compatroni dell'Oratorio di Campanice da cui mediante i voti la favorevole elezione ne dipende, a corrispondere al medesimo salvo bensì il pronto consiglio e giudizio della coscienza d'ognuno,
la già riferita ufficiatura, onde in nessun modo diffidando, appoggiato alla garbatezza d'ognuno, altro non spera, che del favore ".
Da Querceta il 16.4.1820 Giuliano Tognocchi scrive al parroco di Terrinca, Don Antonio Ginese Vanni: " le invio una lettera per il signor Tonacci Priore
dell'Oratorio di Campanice, con dentro l'istanza che fa il sacerdote Barsottini per l'uffiziatura dell'Oratorio. La prego di fargliela recapitare in proprie mani a ciò i compatroni possano addivenire all'elezione del medesimo... ".
Il 3.11.1820 Don Romualdo Barsottini scriveva: " dovevo fin da gran tempo portargli la bacchetta delle messe di Campanice, ma atteso ai miei incomodi non l'ho potuto fare, la spedisco per il Signor cappellano ".
L'Arcivescovo di Pisa Ranieri, il 9.10.1821 scrive al Priore Vanni affinché concili il servizio dell'Oratorio di Campanice con i riguardi benigni verso il sacerdote uffiziante, il quale disgustato dalla vistosa ritensione (un sacco di grano) non prenda motivo di chiedere il congedo "senza che possa trovare gli altro sacerdote per adempiere l'ufficiatura, attesa la scarsità degli ecclesiastici della Diocesi ".
Persuada il ricorrente e ammonisca seriamente il sacerdote Barsottini delle sue mancante descritte nel ricorso, minacciando più severe misure se non sarà esatto nel servizio che esige la popolazione dell'Oratorio ".
Giuliano Tognocchi il 14.10.1821 scrive da Querceta al parroco Vanni: " ricevuta la risposta del superiore, non posso portarmi a Terrinca per un raffreddore preso nel vendemmiare a causa di un gran caldo, ma per restare persuaso delle mancanza del Rev. Romualdo Barsottini, io mi attendo alle deliberazioni prese dai patroni e mi rimetto ai medesimi per quello (che) delibereranno, o si vero ad artifizio del superiore e dei patroni... (se decidono che) lì sia dato l'altro sacco di grano lo riceverà, altrimenti resterà a vantaggio dell'Oratorio. Non ho mai creduto che per le mancanze sia castigato dal superiore, ma solo perché debba percepire 3 soli sacchi di grano a forma delle deliberazioni e per il restante Dio lo benedica ".
Dopo aver ricevuto una lettera dal Priore Vanni, il 16.10.1821 Giuliano Tognocchi torna sull'argomento: "... Mi dispiace che non abbia il coraggio (da solo) ad attaccarsi al sacerdote Barsottini dopo l'incarico ricevuto dal superiore a fare le sue veci.
Nell'altra mia vi dicevo che la rimettevo al superiore o ai compatroni, solo non voglio entrare in trattative con il sacerdote Barsottini e dobbiamo sentire il voto dei patroni e se il superiore vuole che la mutiamo, io la rimetto alla sua coscienza tanto più che scrive: "affinchè disgustato egli dal troppo vigore di una vistosa ritensione quale sia propone dal ricorrente ".
Si vede che Monsignor Arcivescovo non ha letto appieno la deliberazione dei patroni.
Comunque quando i patroni ho il superiore diranno di dare il sacco di grano, avendolo in casa a Terrinca, non faccio che consegnarlo, ma se i patroni fanno una deliberazione e viene notificata deve avere il suo valore ".
L'Arcivescovo di Pisa, Ranieri, scrive alla Priore Vanni il 1.12.1821: " il sacerdote Romualdo Barsottini è venuto a Pisa, per scusarsi delle mancanze di cui si lamentano i compatroni. E a dire il vero sono giustificati e condonabili perché ha svolto un esatto servizio ad eccezione di poche dimenticanze, sia nell'ascoltare le confessioni che nell'altre incombenze. Mi persuado che i compatroni scuseranno, come io ho scusato... Attesa la difficoltà delle strade e la grande distanza come le altre circostanze esposte dal Barsottini. Avviserà (che appena) revocata la troppo austera ritensione del sacco del grano sia questo consegnato al sacerdote ".
Il 2.4.1822. "di ordine del Signor proposto di Seravezza e Vicario Foraneo che siano adunati i compatroni dell'Oratorio di Campanice per trattare della ritensione del sacco di grano al Signor Romualdo Barsottini che di questo girarne un partito o che sia assodato... E potrà questa adunanza fissarla per la mattina della domenica in albis, dopo la prima messa... ".
Per l'interessamento all'Oratorio di San Giovanni Battista in Campanice, la sua amministrazione, i restauri, le pratiche da svolgere presso le autorità religiose e civili, il recupero dei crediti, la dotazione di arredi Sacri, il servizio religioso, emerge dalle carte il nome di Giuliano del fu Domenico Ant. Tognocchi di Terrinca.
Quest'uomo, che gode beni di fortuna, unisce una preparazione culturale ad uno scrupolo di coscienza al quale si appella nel suo operare, eppure in vecchiaia, non certo per sua volontà, rimane insolvente nei riguardi dell'Oratorio.
" Querceta 11.1.1834 riguardo a quanto disposto dai compatroni che io versi tutto quanto nelle (loro) mani, io non ho difficoltà, ma dentro il mese di gennaio non è possibile.
Per ora verserò lire 40 che pagherà mio nipote Candido, il resto al presente non posso, e quando mi trovassi costretto, offerisco un campo al Solcone... e quando si paga con qualche cosa mi sembra di essere pagatore... " Per concludere scegliendo tra le varie visite pastorali, quella effettuata dal Priore Ginese Vanni il 28.6.1800, sia perché è la prima dopo il passaggio delle parrocchie Versiliese dalla diocesi di Luni-Sarzana a quella di Pisa, sia perché è la più dettagliata nella descrizione dell'Oratorio.
" Di commissione di Monsignor Angiolo Franceschi, Arcivescovo di Pisa, mi porto in Campanice per visitare l'Oratorio, in compagnia di Santi Ranieri e di Dom. Ant. Tognocchi.
1°. La fabbrica dell'Oratorio è nelle quattro parti ben imbiancata e pulita ad eccezione di quella di tramontana che è umida ma decente. Tutto è stato pulito e accomodato e sta bene in essere la camera (riservata) per abitazione del cappellano.
2°. In secondo luogo visitò l'altare che è unico dell'Oratorio, la cui ancona è tutta di marmo statuario con la sua cornice di marmo bardiglio. L'immagine di detta vergine S. S. del Carmine e di S. Giovanni Battista, titolare dell'Oratorio. Sotto l'immagine di Maria vi sono state scolpite l'anime purganti. Sopra l'altare c'è il baldacchino. L'altare è fornito di 6 candelieri, 4 più grandi e 2 piccoli. (nel) la pietra sagrata (del) altare... sembra che ci sia una fessura ma è la vena del marmo.
3°. C'è un calice col piede d'ottone ben dorato e la coppa d'argento e la patena ben dorata e tutto netto essendo stato fatto ridorare l'anno scorso.
Per ogni colore c'è una sola pianeta e un sol camice, corporali, ampolle, tovaglia, Carte Glorie. Vicino all'altare una lampada d'ottone col vetro. Sarebbe bene ordinare un altro camice almeno e una altra pianeta di seta per i giorni festivi.
4°. Visitò il confessionale di legno (che) è stato rinnovato da poco tempo. Vi è la sua cartella dei casi riservati, sono nuove le gratelle.
5°. Il mantenimento tanto della chiesa che dei suoi arredi appartiene ai compatroni.
 
Terrinca 15 ottobre 1991

 

Antica Via Crucis restaurata
Antica Via Crucis restaurata
Antica Via Crucis restaurata
Antica Via Crucis restaurata
Antica Via Crucis restaurata
Antica Via Crucis restaurata
Antica Via Crucis restaurata
Antica Via Crucis restaurata
Antica Via Crucis restaurata anno 1700
Antica Via Crucis restaurata anno 1700
Antica Via Crucis restaurata